Israele – Gaza: pace e coscienza collettiva

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Il cielo attuale tra dissoluzione e riforma

E così, dopo tanto orrore – che per molti aspetti continua, sotto sembianze diverse – e dopo le risposte di tantissimi che di quell’orrore non ne potevano più e hanno riempito le piazze – silenti da troppi anni –  il mondo sembra tirare un respiro di sollievo, anche se è un respiro corto.

Del resto, astrologicamente parlando, il cielo attuale ci parla forse  di distensione ma non è ancora un cielo “risolto”. Un cielo “risolto” è quello in cui gli opposti trovano integrazione, in cui le tensioni planetarie si trasformano in nuovi equilibri.

Quello attuale, invece, racconta ancora un processo in corso, la fatica di ricomporre ciò che è stato diviso, più coerente con un cessate il fuoco strategico che con una pace autentica.

Simbolicamente ci troviamo tra dissoluzione e riforma, sotto un cielo che anticipa la futura congiunzione Saturno–Nettuno del 2026, che rappresenterà – a livello collettivo – la grande prova di costruire un nuovo ordine dopo il caos.

Pace e coscienza collettiva

L’astrologia è uno strumento di consapevolezza individuale ma non è separata dalla dimensione sociale e dai simboli del mondo.

Da una prospettiva umanistica, per cercare di comprendere i tempi,  non conta andare alla ricerca di cause automatiche.

L’astrologia umanistica non stabilisce relazioni di causa ed effetto ma  riconosce le corrispondenze tra ciò che accade dentro e ciò che si manifesta fuori, tra il cielo e la coscienza che lo abita.

Per questo credo che il determinismo astrologico, la visione causale che pretende di legare in modo diretto i fenomeni celesti agli eventi terreni, possa essere davvero considerato deresponsabilizzante.

Attribuire al cielo il potere di “produrre” ciò che accade significa sottrarre all’uomo la possibilità di rispondere consapevolmente ai simboli che si manifestano.

L’astrologia umanistica, invece, ci invita a leggere il linguaggio del cosmo come specchio, ciò che si riflette nel cielo è ciò che già abita la psiche collettiva, anche se ancora non è stato compreso.

Così, ad esempio, non è un’eclissi che “porta” la guerra, né un plenilunio che “porta” la pace.

Certo, qualcuno potrebbe obiettare che, di fatto, le eclissi coincidono spesso con momenti bui della storia.

Ma questo, dalla prospettiva che consideriamo, accade perché esse rivelano un contenuto che era già presente nel campo della coscienza collettiva e che, proprio attraverso l’oscuramento simbolico della luce, viene portato alla soglia della consapevolezza.

Non sono le eclissi a “portare” la crisi, piuttosto è la crisi che trova nell’eclissi la sua immagine celeste.

Ogni oscuramento del cielo coincide con un oscuramento della coscienza, e viceversa. Ciò che emerge come evento non è che un riflesso sincronico del momento in cui l’umanità incontra la propria ombra.

Ecco perché leggere il cielo in chiave deterministica non solo è riduttivo, ma toglie alla coscienza la possibilità di trasformare il simbolo in comprensione.

Il compito più alto  dell’astrologia non è predire ciò che accadrà, ma riconoscere ciò che si sta manifestando, per accompagnarlo verso un livello più consapevole di espressione.

Nella simbologia solare, la luce rappresenta la consapevolezza vigile; la sua temporanea scomparsa consente all’inconscio di emergere.

Ogni oscuramento del cielo riflette dunque processi che maturano nella psiche collettiva: è l’offuscamento della coscienza culturale che consente la rivelazione delle ombre sociali.

Le eclissi, nell’ottica umanistica, non sono “presagi”, ma riti cosmici di consapevolezza, pause nel ritmo del tempo in cui la vita ci chiede di fermarci e guardare ciò che non volevamo vedere.

A livello individuale, possono coincidere con fasi di introspezione o chiarimenti emotivi; a livello collettivo, riflettono crisi più ampie della coscienza sociale – momenti in cui un’epoca intera si confronta con le proprie ombre, i propri miti logori, le proprie paure.

L’eclissi, allora, non “porta” guerra: ci mostra dove la luce vacilla, perché da quella fragilità possa nascere un diverso equilibrio.

Ciò vale per ogni livello dell’esperienza, personale o collettiva. Il mondo esteriore reagisce alla stessa dinamica interiore di oscuramento e rivelazione ed è quando la luce cala che i popoli, come gli individui, si trovano costretti a interrogarsi su ciò che hanno rimosso.

Ombra, inconscio collettivo e responsabilità dell’umanità

Sono  pertanto del parere che sono i concetti di ombra e inconscio collettivo che ci permettono di avvicinarci maggiormente alla comprensione del “conflitto” israelo-palestinese, come di altri tragici eventi che attraversano la storia.

E forse è proprio questo il senso ultimo di ogni eclissi, ricordarci che la luce non scompare mai del tutto, ma chiede di essere ritrovata dentro di noi. La pace, prima di manifestarsi nel mondo, deve nascere nella coscienza.

Personalmente ritengo che nella Striscia di Gaza siano state commesse atrocità inimmaginabili e continuo ad essere vicina, con il cuore, e l’anima,  a tutte le persone che stanno soffrendo e a tutte quelle che hanno sofferto e sono morte.
E questo – non ci sarebbe bisogno di aggiungerlo se vivessimo in un mondo più lucido – non significa che non mi senta vicina a coloro che hanno sofferto e sono morti in Israele o in altre parti del mondo. Ma a Gaza è accaduto qualcosa che, per estensione e brutalità, ha superato ogni misura di umanità e ha risvegliato nel mondo una coscienza sgomenta.
Mi auguro che i responsabili diretti, e i loro complici, rispondano di tutto ciò davanti alla giustizia.

Mi auguro, soprattutto, che l’umanità impari a smettere di stare a guardare e comprenda che non accade nulla sotto il cielo che sia svincolato dalla nostra responsabilità.

 

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