Un disagio che cresce in silenzio
Mi capita sempre più spesso di incontrare persone – consultanti, ma anche amici o conoscenti – che dicono: “non mi riconosco più in ciò che faccio, in come vivo, nelle scelte che porto avanti”.
Persone che descrivono un vissuto che ha il sapore del disallineamento.
Semplicemente, la vita che stanno vivendo non gli somiglia più.
Non si tratta sempre di grandi fratture o di crisi improvvise. Anzi, molto spesso ho l’impressione che si tratti di un’usura sottile, che si accumula nel tempo.
Un ruolo che una volta motivava e ora pesa; un mestiere che sembrava aderente e che oggi appare svuotato; una quotidianità che magari funziona, ma non vibra.
Nel nostro presente questo vissuto sembra essere il sintomo di una condizione collettiva che tocca molte vite.
Siamo immersi in un tempo che ha progressivamente svuotato il senso, burocratizzato le professioni, trasformato e stravolto i linguaggi della cura, della relazione, del lavoro.
Un tempo che tende a comprimere, standardizzare, velocizzare. È come se la società ci spingesse sempre più a funzionare, anziché sentire.
E così, a un certo punto, si affaccia un pensiero semplice e radicale: non mi riconosco più.
Il problema non è solo individuale
Questo disagio, così diffuso, non può essere ridotto a un problema individuale.
È il riflesso di un’epoca che ha smarrito la connessione tra ciò che facciamo e ciò che siamo, che ha progressivamente svuotato i significati.
Molti oggi si trovano in questa condizione: fanno bene il proprio lavoro, portano avanti i propri impegni ma si sentono sempre più distanti da ciò che sono intimamente.
In questi casi, un atto di volontà non può bastare. Non è sufficiente cambiare luogo, mansione, struttura, relazione.
Se il mondo ha smarrito il senso del gesto umano, l’individuo da solo sembra non potersi rimettere in asse. Quando il sistema intero è disallineato, l’adattamento personale non sembra risolvere il problema.
E tuttavia, la persona, il singolo, può — oserei dire, deve — ascoltare ciò che sente, perché dentro quel malessere c’è una verità che chiede forma.
Cosa può offrire l’Astrologia
Se il malessere non è solo individuale ma nasce da un contesto che non regge più, allora l’astrologia non può proporre soluzioni di adattamento.
Non può semplicemente suggerire: “cambia lavoro, segui la tua vocazione, riparti da te”, come se tutto dipendesse dalla volontà del singolo, in un mondo neutro.
Ma può fare qualcosa di molto prezioso: aiutare la persona a comprendere che quello che sente ha senso ed è importante. Perché è proprio l’emersione di un malessere soggettivo che può farsi segnale di una trasformazione più ampia.
L’astrologia umanistica, in questi frangenti, non offre ricette, né soluzioni pratiche ma aiuta a riconoscere dove, dentro di noi, qualcosa non regge più quel mondo.
Può accadere, ad esempio, che un’energia molto presente nel tema – sensibilità, creatività, empatia, spirito di servizio – non trovi più spazio per esprimersi nel contesto attuale.
Quando questo accade, quell’energia non sparisce ma può manifestarsi come sofferenza diffusa, disorientamento, chiusura.
Eppure, se quella parte trova un varco, anche piccolo – un gesto, un’attività, uno spazio dove manifestarsi – allora può tornare a fluire anziché spegnersi.
L’astrologia, in questo senso, restituisce dignità alla trasformazione. Permette di vedere che ciò che si sente ha radici, direzione, senso. Che non siamo deboli se non ci adattiamo. E’ che il disagio, in un mondo che ha smarrito il senso, è forse la parte più viva e fedele che abbiamo
A volte, non serve una grande svolta. Serve solo riconoscere ciò che non vogliamo più ignorare.
Ritrovare la propria struttura originaria
In un mondo che disconnette, l’astrologia permette di riascoltare la propria struttura originaria.
Dove sono stato costretto ad adattarmi troppo? Quale parte di me sta soffrendo? Cosa non posso più tradire? Sono domande che il tema natale può contenere.
A volte non si può cambiare tutto. Ma si può non sentirsi più soli, né sbagliati. L’astrologia restituisce uno sguardo più ampio, che non moralizza e non semplifica.
In questo contesto, l’astrologia è un modo per sostenere la coscienza. Uno strumento per leggere il tempo che stiamo vivendo, per comprenderne la direzione profonda, anche quando il mondo intorno non sembra in grado di farlo.
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